19 maggio 2014
Cronaca
E' stato posto sotto sequestro preventivo il laghetto per la pesca sportivo limitrofo allo stabilimento Basf di via di Salone a causa dell'inquinamento delle acque. I sigilli sono stati apposti dagli agenti del gruppo di Sicurezza pubblica emergenziale della Polizia Municipale di Roma e dalla Polizia Provinciale, gli stessi che nei giorni scorsi aveva prelevato documentazione nello stesso stabilimento nell'ambito di un'inchiesta sullo stato di inquinamento dei terreni e delle falde acquifere. L'indagine vede anche indagati due dirigenti, legali rappresentati della Basf Italia, per aver "al fine di profitto, con attività continuativa e organizzata – si legge nel capo d'imputazione - gestito ingenti quantitativi di rifiuti mediante illecita attribuzione di codici Cer (Catalogo europeo dei rifiuti) in uscita dall'impianto al fine di consentirne lo smaltimento in assenza di autorizzazione specifica", nonché per aver "contaminato terreni e falde acquifere circostanti e sottostanti l'area interessata dallo stabilimento" ed aver "aperto un nuovo scarico discontinuo di acque reflue industriali senza autorizzazione e, segnatamente, per aver realizzato una cosiddetta isola ecologica, ossia un'area di deposito temporanea provvista di copertura in cui era presente un pozzetto grigliato di scarico munito di tubazione di scarico ai cui terminali erano applicate delle valvole di scarico aperte". Il sequestro è stato disposto dal gip Roberto Saulino, secondo il quale "sussiste concreto e fondato pericolo che la libera disponibilità dell'isola ecologica da parte degli indagati possa aggravare e protrarre le conseguenze del reato contestato, consentendo la prosecuzione dell'incontrollato scolo dei reflui dai rifiuti stoccati". Le analisi dell'Arpa Lazio hanno infatti "evidenziato la presenza e il superamento dei valori limite consentiti per le seguenti sostanze inquinanti: tricloroetano, tribrometano, dibromoclorometano, bromoclorometano, nichel, tetracloroetano, tetracloroetilene, arsenico, dicloroetilene, tricloroetilene". Il giudice inoltre evidenzia come "alcuni parametri di inquinanti risultano essere stati ripetutamente individuati ad esito di analisi eseguite in tempi diversi, su campionamenti delle acqua sotterranee e delle acque reflue industriali. Tutto ciò varrebbe a confermare la tesi investigativa, incentrata sulla prospettazione della altamente verosimile sussistenza di un nesso di derivazione tra le attività industriali svolte dalla Basf e l'inquinamento delle falde acquifere, come emergente ad esito delle recenti verifiche di Arpa Lazio".